Era quasi mezzogiorno quella mattina ,insolitamente tiepida, del novembre ’44.
In Borgunto c’era il solito viavai del sabato fra i clienti che aspettavano sull’uscio che Beppe Tozzi finisse una sfumatura alta e le massaie che , con la sporta piena davanti a Baffino, cercavano una valida ragione per staccarsi dolorosamente dalle chiacchiere con le amiche e rifugiarsi in cucina per preparare il desinare.
Io ero davanti al banco della Noemi intenta a scegliere delle mele non troppo ammaccate e senza baco. Fra il rumore delle ruote del barroccio del Meini e il brusio cinguettante che rimbombava fra le case non mi ero accorta del gruppo di soldati alleati che stava attraversando lo stretto.
Una mela scivolo’ dal banco , mi cadde fra i piedi e comincio’ a rotolare lentamente in mezzo ai lastroni di pietra che , a quel tempo , rivestivano la via. Mi abbassai per riprenderla e avanzai la mano verso quel frutto bizzoso quando un’altra mano l’acchiappo’ prima di me.
Rimasi sorpresa ed anche un po’ impaurita perché quella mano era dello stesso colore di quella cioccolata che avevamo assaggiato ,per la prima volta nella nostra vita, alcune settimane prima.
Ed era anche la prima volta che vedevo un « Negro » così da vicino. Rimasi stupita dal fatto che aveva le unghie chiare ; ed anche il palmo , che apri’ verso di me per rendermi la mela, era chiaro come il mio . Ci rialzammo insieme e mentre sentivo il rossore della timidezza invadermi il viso,
non potei impedirmi di guardare la lucentezza dei suoi occhi marroni, il candore dei suoi denti e il
tenue rosa delle sue labbra. Aveva il berretto infilato nello spallino del giubbotto e i suoi riccioli fitti e corti brillavano al solicino di mezzogiorno. E noi che passavamo giornate intere con il ferro caldo a bruciarci la testa per avere la stessa cosa senza mai riuscirci ??!! Come avrei voluto essere Negra !
Lo ringraziai con un filo di voce per non farmi notare troppo dalla gente intorno
perché mi vergognavo un po’.
Eravamo di nuovo liberi fisicamente ma le nostre menti era ancora profondamente prigioniere. Per molti lo sono ancora , purtroppo. Mi rispose nella sua lingua che non capivo e mi sorrise di nuovo mentre raggiungeva i suoi compagni. Rimettendo la mela al suo posto sentii lo sguardo inquisitore della Noemi. Il mio invece seguiva ancora quel ragazzone di vent’anni di cui non conoscevo il nome e che era venuto chissà da quale villaggio sperduto a rischiare la propria vita per liberare il nostro. Tutto ad un tratto mi ritorno’ in mente Frantz. Il tedeschino con gli occhialini tondi. Anche lui aveva vent’anni. Ed anche lui era venuto qui a rischiare la sua . Ma per che cosa ? Forse non lo avrà mai saputo.
Avevano tutti e due gli occhi , i denti e le labbra dello stesso colore. Uno la pelle bianca e cremosa come il latte. L’altro marrone e dolce come una stecca di fondente. Ma dentro… perfettamente uguali !
Oggi ho la fortuna di avere una bisnipote che ha la pelle dello stesso colore di quella cioccolata che
assaggiai proprio in quei giorni e che ha rappresentato per tutti i giovani della nostra generazione il sapore struggente di una nuova vita. Quando é sulle mie ginocchia ne approfitto per passarle le dita in mezzo a quei morbidi riccioli neri e ……………….chiudo gli occhi !

ANDREA BORSOTTI 12 Novembre 2015